di Pino Landi
Ci sono uomini che trascorrono il tempo della loro vita senza porsi eccessive domande, e si conformano a quanto viene loro proposto o imposto dalla società in cui vivono. Altri si pongono domande, pretendendo risposte sicure e certe dagli altri, concedendo la patente di “autorità” a chi pare tranquillizzare i loro dubbi, le loro angosce. Altri ancora non si stancano mai di cercare e sperimentare, privilegiando l’esplorazione del proprio mondo interiore, assumendosi la responsabilità dell’autonomia e della sincerità. Indagando in sé stessi ci si rende conto di quanto incoscienti siano le nostre scelte, i sentimenti, i pensieri, e quindi quanta poca libertà ci sia nelle pulsioni, nelle preferenze, nei giudizi. La libertà è proporzionale alla luce che si riesce a portare nelle dinamiche interiori, nelle caverne profonde dell’inconscio, proporzionale al grado di integrazione attorno ad un centro cosciente delle parti scisse e separate: avviarsi lungo un sentiero di crescita e di trasformazione della coscienza significa avviarsi verso una ricerca di libertà. Può capitare nella propria ricerca di incontrare Sri Aurobindo e Mère. Se si pensa di avere incontrato una “fede” ci si sbaglia clamorosamente. Non c’era bisogno di Loro per abbracciare una qualunque fede: chi cerca sicurezza e schemi consolatori, ne ha a disposizione tantissimi; religioni, filosofie, scuole esoteriche e spirituali di tutti i generi, in cui avere fede. Basati cioè su presupposti enunciati e dati una volta per tutti, indiscutibili e veri per definizione, dogmi che esigono fede e fedeltà. Dice esplicitamente Sri Aurobindo : “…lungi da me l’intento di diffondere qualsiasi religione, vecchia o nuova, per l’umanità del futuro. La mia idea è di aprire una strada che è ancora bloccata, non di fondare una religione…” e Mère in una conversazione del 1929 : “ gli articoli e i dogmi di una religione sono prodotti della mente, e se vi aggrappate ad essi e vi rinchiudete in un codice di vita bell’è fatto, non conoscete, né potete conoscere la verità dello spirito che si tiene, libero e vasto, al di sopra di ogni codice e dogma. Quando vi aggrappate ad una credenza religiosa, considerandola l’unica verità al mondo, arrestate nello stesso tempo il progresso e il pieno sviluppo del vostro essere interiore.” La medesima cosa può dirsi di molte scuole od organizzazioni spirituali, sorte di solito alla scomparsa di qualche Maestro ad opera dei “discepoli” orfani, timorosi di perdere una qualche sorta di eredità. Con lo yoga integrale, non si incontra la fede, ma un insegnamento che ogni giorno può essere verificato con la pratica e la vita. Certamente le realizzazioni le hanno avuto i Maestri, ma attraverso queste realizzazioni Essi hanno aperto una via. Quella via ciascuno deve poi percorrerla con le proprie gambe e secondo le proprie specifiche caratteristiche. Si può avere fiducia in Sri Aurobindo e Mère, in ciò che dicono e nel loro lavoro effettivo, ma questo non significa fede in dogmi, che tra l’altro si sono sempre ben guardati dall’enunciare. E’ un po’ come aver fiducia in chi ha redatto una carta geografica, ed in base a quella progettare un viaggio, ma se si vuole veramente visitare un luogo, ci si deve poi andare con le proprie gambe. Sri Aurobindo e Mère non hanno operato per sé stessi o per una scuola, un Ashram specifici e particolari, ma per l’intera umanità; per la trasformazione dell’intero piano dei fenomeni e della materia. Dice Sri Aurobindo:“…L’Avatar è colui che viene ad aprire all’umanità la Via verso una coscienza superiore…” e questo il senso del lavoro compiuto dall’ Avatar di questa era: Sri Aurobindo e Mère, una unica coscienza divina in due corpi materiali. Dopo il lavoro dei Maestri questo piano non è più il medesimo, le possibilità di crescita e trasformazione per l’uomo non sono più quelle di prima. Occorreva far discendere la Supermente su questo piano, ora il lavoro di ciascuno potrà consolidare la Sua discesa e consentire sempre di più la Sua manifestazione. La fiducia nel lavoro svolto dai Maestri ha un immediato riscontro nella percezione dell’opera della Supermente su questo piano, nella vita quotidiana, nel lavoro interiore. Occorre concentrazione e purezza perché le trasformazioni non sono prettamente materiali, per lo meno in questa fase. E’ un posizionamento su un diverso piano vibrazionale e per percepirlo occorre attivare sensi più sottili di quelli comuni. Ma una volta che se ne è presa coscienza, l’evidenza si accentua in modo progressivo e si coglie nelle più disparate ed imprevedibili manifestazioni. Non occorre per altro cercare tra chi si professa “aurobindiano”, oppure tra chi si definisce “spiritualista” oppure tra gli esperti di metafisica o di esoterismo, anche se nulla vieta che anche qui si possa intravedere la luce che traspare da dietro lo schermo. La Forza che spinge ( o attira ) è in ogni cosa ed ogni accadimento e quando non la cogliamo è perché non abbiamo sensi abbastanza affinati. Così ciascuno è strumento della Forza, anche se pochi ne hanno precisa coscienza e fanno una scelta di libertà e di crescita. Ciascuno contribuisce attraverso un aspetto particolare, le forme possono essere assolutamente diverse, ciò che unisce e fa la differenza è l’inflessione, il livello di coscienza che sta dietro. In questo senso ogni diversità è una ricchezza, una possibilità di esperienza nel molteplice di un’unica Coscienza, una faccia del poliedrico aspetto dell’unico Ananda, la gioia di fare e vivere, nel fare e nel vivere… Se tutti siamo eguali, siamo parte del tutto come essenza, su questo piano facciamo esperienza dell’individualità ed è attraverso l’individualità che il Divino riscopre Sè stesso. Non è un caso se ciascuno si trova immerso in una coscienza separata, e da questa deve partire, questa trasformare. Occorre purtuttavia evitare di identificarsi con la propria individualità e con gli aspetti particolari, perché tale identificazione è indotta da un qualche ego che si è imposto sugli altri, magari sotto una maschera apparentemente accettabile. E’ quel meccanismo che produce attaccamento alle proprie scelte particolari nell’intimo ed intolleranza e fondamentalismo all’esterno. Occorre invece utilizzare le proprie particolarità e predisposizioni, al fine di proseguire in un processo di crescita e trasformazione, con la sincera aspirazione a ricondurre i frutti di ogni pur piccola ascesa sul piano di partenza, lavorando non per una promozione personale, ma per una complessiva trasformazione. Condividendo ogni pur piccolo riflesso della Luce, ogni minuscola realizzazione, che ci sono state donate e non sono patrimonio personale. Soprattutto cercando di “comprendere” ( nel senso più ampio di questo termine) il punto di visuale degli altri, perché, in una visione integrale, tutto si deve armonizzare in una sintesi più elevata.
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