Convegno Pnei a Lucca, maggio 2012
Introduco questo argomento prendendo spunto da un’affermazione di Candace Pert che tra l’altro nel suo libro “Molecole di Emozioni” parla di Wilhelm Reich: nel suo intervento ha detto chiaramente che, se prima non si sciolgono i conflitti e non si liberano le emozioni che sono memorizzate nel corpo, perché le emozioni sono corpo ed anche i conflitti sono corpo, non è possibile pensare di accedere realmente all’esperienza del sé.
Questa affermazione da anche un’indicazione chiara sul fronte psicoterapeutico, nel senso che essa sostiene una psicoterapia olistica.
Inoltre mi collego ad un’affermazione di Nitamo Montecucco che ha sottolineato che la coscienza non è una ‘cosa’, ma un processo, e ritengo importante aggiungere che essa è soprattutto un’esperienza.
A questo punto si configurano nella psicoterapia apparentemente due facce della medaglia: un fronte di lavoro sulle sei neuropersonalità della mappa PNEI (vedi foto), quindi sul corpo, emozioni e mente ed un altro fronte che concerne l’’armonia e l’intelligenza del sistema-uomo che possiamo chiamare il sé, che non è un centro specifico, ma che include tutta la circonferenza, tutta la complessità dell’organizzazione della struttura somatopsiconeuroendocrina.
Prendendo una parte di questo vasto argomento, inizio dicendo che il lavoro fondamentale consiste nello sciogliere le emozioni, che sono appunto corpo. Ma come si procede in questo lavoro? A questo punto dobbiamo stare molto attenti ad individuare delle fasi che desidero sottolineare, perché molti lavorano sulle emozioni…ma come?
Nella mia esperienza psicoterapeutica ho riscontrato quattro fasi che, come tutte le schematizzazioni sono pennellate per lanciare delle idee e degli stimoli.
La prima fase di un lavoro sulle emozioni è sentire le emozioni. Ciò può sembrare banale, ma invece ci sono molte persone che hanno talmente congelato il loro sistema da non sentirle e non riconoscerle.
La seconda fase è esprimere le emozioni perché, finche non vengono espresse, sciolte e liberate, rimangono irrigidite nella nostra memoria corporea.
Però a mio avviso c’è un terzo ed un quarto passaggio fondamentali e non ci si deve fermare a queste due prime fasi perché l’espressione emozionale, oltre un certo limite, può diventare cristallizzazione dell’emozione che non consente di passare alla terza fase che consiste nel saper gestire le emozioni, una volta che si abbia libero accesso espressivo alle emozioni stesse. Altrimenti si può stare una vita ad esprimere catarticamente la rabbia, il rancore e il dolore, senza uscirne più. Ma noi proponiamo una psicoterapia olistica, sistemica, integrata.
Gestire le emozioni è una fase di svolta in cui si inserisce l’altro aspetto del lavoro sul sé che amo particolarmente. Per gestire le emozioni bisogna iniziare a stare nell’emozione, lasciarla esistere profondamente dentro di sé ed esserci in maniera consapevole.
Quando questo avviene, si passa alla quarta fase che è trasformare le emozioni. Con quest’ultima fase ci colleghiamo all’importanza della meditazione come strumento di trasformazione.
Ma devo precisare cosa intendo per meditazione nella mia esperienza. Chiaramente posso parlare solo di ciò che mi accade e che sperimento in prima persona, altrimenti non saprei proprio cosa dire! La meditazione è uno stato di presenza inclusiva che permette di sviluppare l’osservatore. Chiamo osservatore lo sguardo della mente che osserva la mente. E’ un primo passo; non è ancora essere nello stato di meditazione.
L’osservatore dà la possibilità di sviluppare uno spazio, e in questo spazio ‘io esisto’, potendo avere una relazione con l’oggetto senza essere catturato da esso e dai suoi contenuti.
Ma l’osservatore è una specie di maggiordomo che prepara la strada a quello stato che è fondamentale, non dico raggiungere, ma almeno ‘toccare’: il testimone. C’è una grande differenza tra i due perché, come ho detto, l’osservatore è lo sguardo della mente, il testimone è lo sguardo dell’anima, è lo sguardo del silenzio.
Quel silenzio è la condizione fondamentale per esserci.
In questo modo abbiamo tutti gli strumenti per uno psicoterapeuta olistico che interviene su tutta la struttura del carattere, che in un gergo che molti conoscono è chiamato lavoro sull’Ego, intendendo per ego l’ego corporeo, emozionale e mentale. In tal modo egli aiuta a diradare ed allentare la struttura stessa, inserendo un preciso lavoro cognitivo, anch’esso fondamentale per far capire al paziente in che punto si trova e non lasciarlo in balia della sua emotività liberata.
Aprire le maglie della struttura del carattere consente di entrare gradualmente nell’esperienza dell’io sento di esserci, togliendo i veli, perché l’esperienza di esserci è già qui in ognuno di noi. E poi, attraverso la meditazione, in questo spazio di silenzio che è lo spazio del testimone, avviene un ulteriore processo di trasformazione nello spazio alchemico del Cuore. La trasformazione vera a e propria avviene nel silenzio del nostro cuore.
La meditazione, quando è uno strumento e non uno stato, è di una bellezza nella sua semplicità che è incredibile. E’ talmente semplice che all’inizio nessuno riesce a farla!
Guardiamo come funziona. C’è un primo aspetto iniziale d’ingresso che è l’attenzione, il secondo è l’attenzione sul respiro. Il respiro ci porta immediatamente nel corpo, il respiro è corpo, è la funzione vitale per eccellenza. Quindi l’attenzione sul respiro diventa: sono nel corpo. Ma stare nel corpo, con l’esperienza del disancoramento dalle sovrastrutture mentali ed emotive, significa sto nel presente, significa che la mia realtà è totale in ogni istante e non è filtrata dalle rappresentazioni. Non interpreto. Sono testimone di ciò che c’è.
Abbiamo così la possibilità di unire due vie che apparentemente sembravano così separate, ma che hanno l’essere nel corpo come matrice unica che le collega: la via della psicoterapia analitica corporea e quella della meditazione.
Possiamo cominciare a sperimentare tutto ciò. La psicologia del futuro sarà questa…è già questa! Come è possibile concepire un modello che prenda in considerazione solo un aspetto dell’essere umano, pur se lo approfondisce in maniera mirabile?
I modelli sono pericolosi perché sono fatti dal livello di consapevolezza di chi li crea. Un modello globale ed integrale è l’effetto di un cambiamento individuale che si sta iniziando a realizzare, è il frutto di un cambiamento di stato di coscienza. Ci stiamo arrivando per varie vie, ma perché c’è un lavoro in alcuni di noi che è meraviglioso.
Concludo dicendo che la crescita personale, che ho cercato così velocemente di accennare, non è qualcosa che facciamo solo per noi stessi. Essa è un dovere etico di ogni individuo, perché, se vogliamo realmente dare forza alla Nuova Coscienza, visto che siamo in rete, e questo ormai è dimostrato, dobbiamo essere consapevoli di avere una responsabilità individuale enorme.
Non possiamo più nasconderci. Ognuno di noi ha il compito di andare verso l’unità, se vuole promuovere l’unità della coscienza della Terra.
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