Da quando la scienza ha raffinato gli strumenti di osservazione, ha circoscritto sempre di più i suoi campi d’indagine e ciò ha determinato una frammentazione della conoscenza a discapito della sintesi. Ciò appare evidente anche nel campo della psicologia in cui si assiste ad una proliferazione di scuole, ognuna con il suo modello, ognuna con la sua validità. Spesso le scuole non si parlano fra di loro e si arroccano sulle loro posizioni, guardando con diffidenza agli altri modelli. Di contro, soprattutto nell’ultimo decennio, si fa strada una nuova tendenza della scienza, e quindi anche della psicologia, che possiamo definire tendenza olistica.📷
Olistico deriva dal greco holos che significa tutto, intero. Il pensiero olistico ha la caratteristica di prendere in considerazione la totalità organizzata e non la somma delle parti. Le parti non sono viste a se stanti, ma osservate nelle loro relazioni. Il pensiero olistico quindi si collega alla teoria dei sistemi il cui assunto fondamentale è che l’insieme è più della somma delle parti. Se facciamo riferimento all’essere umano possiamo dire che l’uomo è più della somma degli organi e delle funzioni che lo compongono.
La psicologia olistica quindi considera l’individuo nella sua interezza ed unità, un sistema integrato in cui le varie funzioni concorrono a questa unità e fanno riferimento ad un centro, chiamato Sé. Il sé è un nucleo di coscienza che ha carattere permanente e continuativo nel corso dei cambiamenti somatici e psichici dell’esistenza individuale. Altro aspetto fondamentale è che l’individuo è visto nel suo rapporto con l’ecosistema della terra, perché la terra stessa è concepita come un sistema unitario che comprende la società umana, insieme alla fauna e alla flora.
La psicologia olistica è molto giovane e quindi non è ancora ben definita, per cui viene confusa con la psicologia transpersonale e con la psicologia integrale. In realtà tra di esse ci sono numerosi punti in comune e convergenze; non è dunque facile tracciare dei confini e spesso sono usate come sinonimi l’una dell’altra. Bisogna precisare che anche la psicologia transpersonale ed integrale sono recenti nella loro diffusione, per cui il quadro si complica. Ma proverò a fare una prima scrematura.
L’aggettivo transpersonale, riferito alla psicologia, indica un modello psicologico in cui ha una fondamentale rilevanza lo sviluppo del Sé. Transpersonale significa oltre la persona, ovvero oltre la maschera. In ogni individuo, dietro la personalità, la struttura del carattere, la storia dell’io, c’è una dimensione più vasta, la dimensione spirituale, di cui si sono occupate le religioni e le filosofie orientali ed occidentali. Essa è denominata la quarta forza, laddove la prima è il comportamentismo, la seconda è la psicoanalisi e la terza la psicologia umanistica.
Dice Grof in un’intervista: “Poiché col tempo nessuna delle due posizioni (comportamentismo e psicoanalisi) aveva potuto spiegare in modo esauriente la ricchezza straordinaria implicita nei fenomeni della psiche umana, si sviluppò la psicologia umanistica. Uno dei maggiori e più eloquenti portavoce di questo movimento rivoluzionario fu il famoso psicologo americano Abraham Maslow. Egli evidenziò in modo incisivo i limiti del behaviorismo e della psicanalisi e formulò i principi di una nuova psicologia. Per la psicologia umanistica l’essere umano in quanto soggetto era al centro dell’attenzione: essa esaltava la coscienza e l’introspezione mediante un approccio di ricerca oggettivo, usando quindi un criterio diametralmente opposto a quello dei behavioristi, che mettevano in risalto solo ed esclusivamente la sperimentazione sugli animali, soprattutto su topi e piccioni.
Inoltre, mentre la psicoanalisi freudiana traeva le sue conclusioni sulla psiche dallo studio delle psicopatologie ed era propensa a ridurre i processi psicologici a istinti primari, la psicologia umanistica si concentrava su soggetti sani, sullo sviluppo dell’essere umano e delle sue potenzialità, e sulle funzioni più alte della psiche. Uno dei suoi capisaldi era la necessità di una psicologia sensibile ai bisogni reali dell’uomo e al contempo capace di dare sostegno agli interessi e agli obiettivi della società umana.”
In seguito Maslow, insieme a Tony Sutich, si rese conto che veniva trascurata la dimensione spirituale dell’uomo e dalla collaborazione con Stanislav Grof è nata nel 1967 la psicologia transpersonale. Ma non dobbiamo dimenticare il nostro Roberto Assaggioli, fondatore della Psicosintesi, anch’egli pioniere della psicologia transpersonale.
La transizione tra la psicoanalisi e la psicologia transpersonale la dobbiamo ad un altro geniale ricercatore, Carl Gustav Jung, che introdusse il concetto di Sé, come archetipo dell’inconscio collettivo, vero centro regolatore della psiche umana. Il Sé è il concetto cardine su cui si basa questa nuova visione unitaria dell’uomo perché sottolinea che in esso esiste uno spazio psichico più vasto dell’io ed apre la porta allo studio di altri stati di coscienza che sono descritti nelle tradizioni mistiche orientali ed occidentali.
In ambito accademico la psicologia transpersonale incontrò molta ostilità, finchè alcuni ricercatori nell’ambito della fisica, della cibernetica e della biochimica, come Fritjof Capra, Gregory Bateson e Ilya Prigogine, e tanti altri ancora, non costruirono modelli che si allontanano profondamente dalla logica Newtoniana e che mostrano che a partire dalle cellule, fino ad arrivare alla galassia, è in opera un campo di coscienza, inteso come intelligenza del sistema. Potremmo dire che tutto è coscienza e che è la coscienza stessa che informa di sé le strutture di percezione, di apprendimento e di consapevolezza. Non sono dunque i processi neurofisiologici del cervello a produrre la coscienza, ma c’è un’unità tra struttura e funzione.
Lo studio di stadi non ordinari di coscienza ha favorito l’introduzione di tecniche di meditazione per attivare una più intima percezione di sè ed anche nuove possibilità di guarigione innescate da un processo di armonia tra le varie funzioni psichiche e somatiche. Laura Boggio Gilot attualmente contribuisce alla diffusione della psicologia transpersonale e ha approfondito l’uso della meditazione nell’ambito della psicoterapia.
Così come il Sé, introdotto da Jung, costituisce una svolta nella psicologia, un’altra rivoluzione la dobbiamo a Wilhel Reich, psichiatra geniale e perseguitato, che dimostrò l’identità funzionale tra psiche e soma e introdusse il corpo nel processo psicoterapeutico. Da lui derivano fondamentalmente tutte le psicoterapie corporee. Psiche e soma sono l’intreccio e la conseguenza di un nucleo energetico intelligente che egli chiamò core; core in inglese significa appunto nucleo, centro. Da Reich, scaturì Alexander Lowen che mise a punto la terapia bioenergetica e soprattutto John Pierrakos, fondatore della Corenergetica, che ci riporta alla psicologia transpersonale, in quanto sviluppò l’aspetto spirituale che si intuiva in Reich.
A questo punto devo assolutamente dire che Reich, al contrario di quanto superficialmente si dice, era un uomo spirituale, nel senso puro ed autentico del termine. Proprio per questo egli si scagliò contro la pseudospiritualità religiosa, proveniente da modelli culturali repressivi, moralistici e sessuofobici. Mi assumo la responsabilità di affermare che, se fosse vissuto in questo secolo ed avesse avuto gli strumenti scientifici attuali, sarebbe stato un fautore della psicologia olistica.
Il tentativo di mettere ordine nel vastissimo campo delle scuole di psicologia tradizionale e di psicologia transpersonale lo si deve a Ken Wilber, studioso a vasto raggio, che si è impegnato nello sforzo di collocare ogni sistema psicologico in una determinata fase dello sviluppo individuale. Il suo assunto è che ogni sistema ha una sua validità sia esplicativa dell’uomo che terapeutica. Egli ha creato un sistema che comprende i numerosi approcci alla coscienza e che ha chiamato Psicologia integrale. Nel prologo al suo libro Lo Spettro della Coscienza egli dice: “Lo scopo di questo volume è quello di proporre un’integrazione tra quelli che in genere e vagamente vengono definiti approccio orientale e approccio occidentale alla coscienza.” Egli paragona la coscienza alla radiazione elettromagnetica che ha uno spettro di frequenze di varia lunghezza. La coscienza ha quindi molti livelli che vanno dalla coscienza più pura e luminosa, a quella coscienza materializzata che appare ai nostri occhi come corpo fisico.
Distingue tre livelli principali di coscienza: Egoico, Esistenziale e Mentale. Le diverse scuole di psicoterapia si differenziano proprio perché considerano fondamentalmente uno di questi livelli e disconoscono o trascurano gli altri. Ecco come Ken Wilber li definisce: “Il livello egoico è quella banda di coscienza che comprende il nostro ruolo e la nostra autoimmagine, negli aspetti consci come in quelli inconsci, nonché la capacità analitica e discriminante dell’intelletto. Il secondo livello principale, l’esistenziale, include tutto il nostro organismo psicofisico: la fondamentale sensazione dell’esistere? E’ il punto di riferimento sensoriale della nostra auto-immagine. Il terzo livello, che abbiamo chiamato mentale, è in genere indicato come coscienza mistica, la consapevolezza di essere tutt’uno con l’universo.” Il livello egoico è quello dei processi mentali, il livello esistenziale comprende sia la mente che il corpo, il livello mentale comprende la mente, il corpo e l’anima. Mi sembra evidente che in questo caso egli fa una distinzione tra la parola mente, intesa come funzione pensante e il livello mentale come livello spirituale. Personalmente non concordo sull’uso del termine mente o mentale come sinonimo di coscienza o di anima. Ma mi unisco a Bertrand Russel quando disse che “Il mondo può essere chiamato fisico o mentale, o entrambe le cose o nessuna delle due, come più preferiamo; in realtà queste parole non dicono nulla.“
Possiamo comunque semplificare dicendo che del livello egoico si occupa fondamentalmente la psicoanalisi, del livello esistenziale la psicologia umanistica e del livello mentale le discipline orientali.
Un altro contributo importante Ken Wilber lo ha dato dividendo lo sviluppo individuale in tre fasi: pre-personale, personale, transpersonale. La prima riguarda la fase intrauterina e neonatale, la seconda riguarda lo sviluppo dell’io, la terza trascende l’io per giungere al Sè. Spesso le esperienze prenatali, per la loro caratteristica fusionale e indifferenziata, vengono scambiate per esperienze transpersonali o spirituali. Da questa constatazione nasce in Ken Wilber la critica al movimento New Age, per la faciloneria con cui a volte affronta ed induce queste esperienze che invece di far progredire l’individuo verso una coscienza più vasta, lo fa regredire a forme simbiotiche. Questa una parte determinante perché molti disastri terapeutici hanno origine da questa confusione di livelli. Le esperienze pre-personali sono caratterizzate dalla mancanza dell’io, perché l’io non si è ancora formato. Alcune tecniche terapeutiche, mal somministrate, possono indurre stati di coscienza alterati che danno l’illusione di sperimentare esperienze mistiche, mentre invece sono vere e proprie regressioni in cui l’io si destruttura ed è sommerso da contenuti psichici dell’inconscio collettivo. Sono specie ti trance in cui l’esperienza è subita. Nelle esperienze transpersonali invece c’è una forte presenza ed una consapevolezza viva ed espansa. Non ci si deve perdere nell’esperienza, ma esserci lucidamente.
La conseguenza fondamentale di questi assunti è che l’individuo, spostandosi su diversi spettri di coscienza, modifica la sua identità ed anche la percezione ed il rapporto con il mondo; ovvero, ad ogni stato di coscienza corrisponde una nuova esperienza di sé e del mondo.
Il sistema di Ken Wilber col tempo è diventato molto più complesso, ma non è questa la sede per un approfondimento. E’ sufficiente dire che la Psicologia integrale vuole essere il sistema dei sistemi, ovvero una cornice in cui collegare ed integrare i numerosi campi del sapere che riguardano l’uomo.
E’ giunto il momento di parlare della Psicologia eliocentrica a cui da anni lavoro, dando forma alla sua consistenza e alle procedure ed al metodo. In sintesi posso dire che la Psicologia eliocentrica è una visione unificata della psicologia in cui bisogna superare l’esistenza delle scuole e dei metodi, ma indicare un unico processo di sviluppo che dovrebbe diventare la psicologia del futuro. Non dovrebbe esserci più una frammentazione di sistemi e quindi non dovrebbe esserci più il tentativo di integrarli.
Ecco alcuni punti fondamentali della Psicologia eliocentrica:
1. L’uomo è un sistema vivente in cui la coscienza si manifesta in cinque modalità osservabili e sperimentabili che sono la dimensione fisica, emotiva, mentale, sociale e spirituale.
2. Queste cinque modalità interagiscono continuamente tra di loro.
3. La psicoterapia deve agire su ognuna di queste modalità.
4. Intervenire soltanto su una di queste funzioni e trascurare le altre produce uno sviluppo disarmonico dell’individuo.
5. Il corpo coi suoi istinti, le emozioni, ogni processo mentale, l’aggregazione sociale, il sé come centro individuale, sono espressioni della stessa coscienza che nell’uomo tende a diventare consapevole di sé.
6. Il fine della Psicologia eliocentrica è che l’individuo diventi consapevole del Sé. Coscienza e consapevolezza non sono sinonimi. La coscienza è il principio che presiede e sostiene ogni sistema organizzato, dalla cellula alle galassie; la consapevolezza è la grande prerogativa che ha l’individuo di riconoscersi nella coscienza. La Coscienza è l’oceano, il Sé individuale è la goccia e la consapevolezza è la possibilità della goccia di sapere che appartiene all’oceano.
7. La Psicologia eliocentrica è etica e non morale,
8. La Psicologia eliocentrica è ecologica.
9. La Psicologia eliocentrica considera la Terra un sistema vivente.
10. Ogni scuola psicologica ed ogni tradizione spirituale dovrebbe collaborare alla formazione della Psicologia eliocentrica.
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